Locazioni urbane: tra legge e contrattazione sindacale

Locazioni urbane: tra legge e contrattazione sindacale

In alternativa al modello fissato dalla legge, locatore e conduttore possono concludere contratti di locazione secondo gli accordi locali definiti in sede sindacale.

La legge. Nel panorama delle locazioni abitative con la l. 431 del 1998 è stato introdotto un modello alternativo di locazione che si discosta per durata, canone e altre condizioni contrattuali dal modello  definito dalla legge.

Si è venuto così a creare un doppio binario la cui scelta spetta alle parti: un modello rigido fissato dalla legge e in alternativa uno più duttile definito tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori a livello locale.

Il ruolo dei sindacati. Nel secondo modello di locazione abitativa interviene la contrattazione sindacale nazionale.

Oggi la Convenzione nazionale 25.10.2016 siglata tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale, recepita poi dal Dm Infrastrutture e Trasporti 16.1.2017, definisce i criteri generali per gli accordi locali anche questi conclusi dai sindacati della proprietà edilizia e dei conduttori su base territoriale.

Le principali differenze. La locazione abitativa fissata dalla legge ha durata minima di 4 anni con rinnovo della stessa durata e canone libero fissato dalle parti secondo le regole del mercato immobiliare.

Nel contratti alternativi la durata minima è minore, iniziale di 3 anni con rinnovo minimo di 2.

La principale differenza però sta nel canone che, seppur anche qui liberamente fissato da locatore e conduttore, deve però essere contenuto tra un minimo ed un massimo definito dagli accordi locali.

La contrattazione sindacale fissa quindi la misura del canone in base a criteri di calcolo secondo zona e caratteristiche oggettive dell’immobile fissati nell’accordo territoriale locale che può definire anche altre condizioni contrattuali oltre le regole di calcolo del corrispettivo.

Libertà delle parti sì in questa seconda tipologia di locazione abitativa ma entro un perimetro.

Perché?

Trattandosi di abitazioni si è ritenuto che fissando le regole di calcolo del canone e limitandone la soglia tra minimo e massimo, si possa calmierare il prezzo delle locazioni così assicurando in modo efficace il diritto all’abitazione del conduttore.

Chi non è proprietario di un immobile e necessita di una abitazione si ritiene sia il soggetto debole del rapporto e, quindi, intervenendo sul canone si compensa lo squilibrio contrattuale delle parti.

Gli accordi territoriali fissano la forbice del prezzo della locazione e le parti lo concordano entro questi limiti.

Si parla infatti di canone concordato o concordato.

I vantaggi. Se il modello fissato dalla legge è rigido e predeterminato nel contenuto ma le parti sono libere di determinare il prezzo della locazione, quello alternativo, nel quale è fissato un limite al prezzo della locazione, è invece più flessibile e capace di meglio rispondere e adattarsi alle esigenze delle parti tenendo conto del contesto territoriale locale.

La durata più breve del contratto a canone concordato permette inoltre una maggior elasticità del mercato che può quindi meglio adattarsi alle esigenze delle parti.

Le agevolazioni fiscali. Il Dm 16.1.2017 fissa delle agevolazioni fiscali per le locazioni abitative a canone concordato così incentivando a ricorrere a questo modello.

Sono molteplici: opzione per la cedolare secca con aliquota in misura ridotta al 10%  in luogo della misura maggiore del 21% per le locazioni a mercato libero che va a sostituire l’Irpef e relative addizionali, l’imposta di registro e l’imposta di bollo.

Per il locatore vi è anche la possibilità di ottenere un ulteriore riduzione del 30% del reddito imponibile ai fini Irpef dei fabbricati e la possibilità di ottenere una riduzione del 75% dell’aliquota IMU e TASI del comune ove è ubicato l’immobile locato.

Per il conduttore v’è la possibilità di ottenere una detrazione del canone di locazione di €. 495,80 per redditi non superiori ad €. 15.493,71 e di €. 247,90 per redditi superiori ma che non superino €. 30.987,41 e il vantaggio di poter usufruire di una ulteriore detrazione di €. 991,60 ove trasferisca la propria residenza nell’immobile locato quale abitazione principale per i primi tre anni di durata del contratto.

Molti sono quindi gli incentivi fiscali alla locazione agevolata, per entrambe le parti.

Anche così si spinge verso questo tipo di contratto.

Marta Serpolla